
Il freisa è un vitigno autoctono e tradizionale del Piemonte che, purtroppo, vive una storia di misconoscimento. Da una parte la quasi totale assenza dalle carte dei ristoranti e dalle enoteche lo rende difficile da trovare e degustare. Dall’altra gli stessi viticoltori lo hanno molte volte sottovalutato, relegandolo a vino da taglio, ottimo per irrobustire vini più deboli e donare loro il suo tipico sentore di lampone. Infine, le sue interpretazioni grossolane, o approssimate, hanno condannato il Freisa a protagonista di secondo piano, vinificato vivace o frizzante per un consumo molto popolare e quasi esclusivamente locale.
Un destino marginale
Oggi in Piemonte il vitigno Freisa interessa una superficie di circa 700 ha (meno del 2% dell’intera area vitata) che si estendono principalmente sulle colline di Chieri e Asti, pur restando presente, in piccoli appezzamenti, nella Langa Cuneese, nel Tortonese, nel Pinerolese, nel Canavese e sui Colli Novaresi.
Il Freisa, geneticamente, è un parente stretto del Nebbiolo, ma più rustico e assai resistente. Motivo per cui, molti viticoltori cominciarono a piantarlo in ambienti marginali, poco favorevoli alla vite, costringendo la pianta a carichi eccessivi e non compatibili con la completa maturazione dell’uva, che è piuttosto tardiva. In queste condizioni, il Freisa cominciò a dare vini modesti, mediocri, che smisero di comparire accanto ai più nobili rossi del Piemonte e oggi, in tempi di mercato proiettato sull’estero, fuori dal Piemonte sono rarità enologiche per intenditori.
Caso, intuito, passione: la storia del Mondaccione
Per la storia di Casa Coppo, al contrario, il Freisa rappresenta un vino importante, frutto di coraggio produttivo, intuito e una passione autentica per il vino ottenuto da questo particolarissimo vitigno.
Come molte cose nella vita, fu il caso a presentarci l’occasione di produrre Freisa. Precisamente quando, verso la metà degli anni ’80, trovammo in cantina due bottiglie risalenti al 1933 e al 1952. La loro degustazione – in un clima di mistero ed euforia – dimostrò le incredibili potenzialità del vitigno, capace non solo di resistere al tempo, ma di esaltare, con l’età, aromi e profumi caratteristici.
Se per caso incontrammo il Freisa, fu per amore che decidemmo di produrlo. Con buona dose di follia e altrettanta d’intuito, cominciammo a sperimentare una vinificazione tradizionale e al contempo innovativa. Avevamo in mente un vino secco – decisamente secco – ottenuto esclusivamente da vigne vecchie: un prodotto che si staccasse in modo netto dalle Freisa frizzanti, dolci o giovani in cui il la varietà veniva allora declinata.
Volevamo un vino che si allacciasse al nobile antenato che nella grande Esposizione Ampelografica del 1881 era inserito nell’elenco dei «migliori vini d’Italia». Il Freisa dai sentori fruttati che incuriosì Ernest Hemingway, guadagnandosi una citazione in Addio alle armi.
Anche la vigna fu scelta in “controtendenza”. Si optò per le pendenze di Valdivilla, frazione di Santo Stefano Belbo, zona da sempre vocata al vitigno freisa, ma in quel momento oggetto di spianto a favore del più remunerativo moscato. Quelle irte colline furono l’ispirazione per il nome dell’etichetta: Mondaccione, maledizione tipicamente piemontese alla fatica e agli sforzi che quelle vigne costavano a chi le coltivava.
Un vino nobile, caratteristico, territoriale
Il 1987, anno della prima vendemmia, ripagò tutti gli sforzi. Degustato alla presenza di Gino Veronelli, Cesare Pillon, Aldo Conterno, Nichi Stefi, Mario Mariani e la presenza di una troupe televisiva della Rai, presentammo il nostro Mondaccione, Freisa in purezza riconosciuto immediatamente come vino d’eccellenza, dotato di un’identità precisa, territoriale, un carattere nobile e inconfondibile, non più figlio di un «dio minore» e, per questo, forse ancora più amato e riconoscibile.
Il successo del Mondaccione ci portò a piantare nuovi vigneti. Ma nel 2004 abbandonammo questa strada perché il nostro “piccolo gioiello” fosse ottenuto soltanto da vitigni storici: è così che ottenemmo di riportare in etichetta la denominazione «Vigne Vecchie».
Da allora, il Mondaccione ha continuato ad essere il nostro prodotto più particolare: un’etichetta da degustare con attenzione. Non un vino facile, ma esigente e complesso, dal carattere restìo e inatteso. Un vino ottenuto con fatica, dedizione e innumerevoli sforzi, ma sorprendente e travolgente come solo le grandi etichette sanno essere.
La collezione Mondaccione, tributo alla Freisa
Oggi purtroppo, quelle «vigne vecchie» che ci hanno regalato così tante emozioni sono giunte al termine del loro ciclo produttivo e hanno dovuto subire un processo di spianto. Sebbene doloroso e necessario, il nostro saluto al Mondaccione non vuole essere un addio, piuttosto una celebrazione del suo carattere, aspettando tempi e modi in cui torneremo a produrre uve freisa.
Per questo abbiamo deciso di creare una collezione Mondaccione, una cassa limited edition in cui abbiamo raccolto le ultime tre annate, dal 2007 al 2009. Si tratta di bottiglie preziose e in qualche modo rare, perché espressione di un Freisa che non ha eguali e per qualche tempo, non sarà più reperibile in commercio. Un vino che nel bicchiere porta un pezzo della tradizione di Coppo, della nostra ricerca, del nostro spirito di innovare, della nostra fatica. Ma soprattutto, la voglia di credere che anche le piccole storie possono regalare passioni travolgenti, come quelle che ci hanno spinto a rivisitare e ad innamorarci di questo incredibile vino.