
Barbera base? Spesso ci rivolgiamo alle denominazioni superiore o riserva. I vini “base”, pensiamo, sono il risultato di lavorazioni più semplici e quindi hanno una qualità minore. Ahinoi, ci sbagliamo. L’Avvocata 2017 ci ricorda perché.
Vino base, superiore o riserva sono semplicemente interpretazioni differenti di un vitigno.
Certo se in una bottiglia cerchiamo complessità ed evoluzione necessitiamo di un vino sottoposto ad attenzioni particolari, maturazioni diverse, cure e affinamenti in legno. Ma se siamo appassionati di vino ci piace anche riconoscere la più sincera espressione di un vitigno con le sue interpretazioni più immediate e spesso con ottimi rapporti qualità-prezzo.
Con la barbera questo è vero in modo particolare.
Quando siamo in presenza di una barbera prodotta in modo più elementare, in vasche d’acciaio, abbiamo non solo un vino di pronta beva, più “immediato”, una barbera “d’annata”, ma soprattutto un vino che reca i tratti più veri e distintivi di una coltivazione e del suo territorio. Con questa idea Coppo progetta e produce L’Avvocata dagli anni Novanta.
L’Avvocata 2017, barbera d’Asti d.o.c.g. è stata appena rilasciata da Coppo, con un restyling dell’etichetta.
I must di una barbera classica.
Per quello che abbiamo appena detto – e per l’accezione sminuente che l’espressione porta con sé – non ci piace parlare di “barbera base”. Preferiamo “barbera classica”. Quella prodotta in acciaio è la parte preponderante della produzione di barbera nel nostro territorio. E’ un vino che si beve già nell’anno successivo la vendemmia in cui riconosciamo i must della barbera: il colore rosso rubino intenso nel bicchiere, il frutto maturo al naso come in bocca e la freschezza, o come direbbe più propriamente un sommelier, l’acidità. Nel caso dell’Avvocata in particolare Wine Spectator aveva scritto: “Un vino rosso succulento, con sentori di more e sprazzi di viola, mirtillo e spezie. Complesso, ben bilanciato e lungo”.
L’acidità della barbera.
La avvertiamo sempre. L’acidità che apprezziamo in bocca ai lati della lingua sta scritta nel DNA della barbera. E se ogni produttore ha una propria idea della Barbera, più o meno acida, possiamo dire che questa compente naturale non deve però essere troppo accentuata. Per questo ogni “barbera classica” cerca un proprio equilibrio.
Che vitigno è?
La barbera è un vitigno generoso, produce uva in qualsiasi posto e condizione. Ai fini della qualità è però importante che la vigna possa godere di condizioni adeguate di sole e di calore. L’obiettivo è la maturazione ottimale e un giusto rapporto tra contenuto zuccherino e acido, non a scapito del primo. Il vigneto vigoroso va inoltre curato con concimazioni non eccessive, lavorazioni al verde, alleggerimenti e diradamenti.
La barbera rotonda del 2017.
Le barbere 2017 hanno un’ottima concentrazione di colore. Sono barbere più “rotonde”, con struttura e contenuto alcolico importanti. Barbere subito piacevoli, piene e morbide, che non devono però perdere l’anima: ricordiamo che una barbera senza la tipica nota acida non è una barbera e rischia di diventare un vino banale. Per questo bisogna puntare nel coltivarla a una buona maturazione senza però rischiare la sovramaturazione.
L’annata nella vigna.
Il 2017 è stata una annata calda con una estate afosa ma abbiamo avuto una maturazione ideale per la barbera. A luglio abbiamo praticato pochi sfogliamenti, con più pulizia che diradamento visti i grappoli piccoli. Da ultimo le piogge di settembre sono state benefiche e ci hanno consentito di recuperare un po’ di produzione.
Va notato un aspetto: alcune pratiche consolidate vanno sempre più contestualizzate rispetto alle condizioni reali della coltivazione al fine di reagire in modo corretto. Normalmente a luglio si riducevano i grappoli e si riduceva il verde. Nel 2017 avevamo iniziato i diradamenti ma poi li abbiamo sospesi. Vista l’annata calda abbiamo conservato più foglie, fatto meno diradamento e anticipato la vendemmia di 10-12 giorni, in certi casi già all’inizio di settembre.
Perché la bottiglia esce nella primavera successiva la vendemmia?
Dopo la vendemmia ci sono fermentazione con macerazione a contatto delle bucce con brevi rimontaggi, malolattica, periodo di riposo. Con queste fasi per la produzione della barbera classica si arriva all’inizio dell’anno successivo. La lavorazione per andare in bottiglia si comincia a febbraio-marzo.
Quando si beve una barbera classica?
Si parla spesso di un “vino gastronomico”: il segreto è l’acidità. E’ anche stato un “vino quotidiano”, un vino onnipresente sulle tavole delle colline del Piemonte e del Monferrato, tutti i giorni e con tutti i pasti.
Adesso i consumi sono cambiati ma quanto ad abbinamenti resta valido un vecchio adagio: “con una barbera sul tavolo non si sbaglia mai”. Antipasti, pasta, salumi, moscardini in guazzetto, polpette di carne con piselli, bolliti. Un’Avvocata, grazie alla sua acidità, riesce ad accompagnare anche piatti più impegnativi, stracotti e condimenti. Certo magari in questi casi un Pomorosso sarebbe più indicato.
Tendenze nuove: più fredda e asiatica.
C’è una tendenza a consumare la barbera a una temperatura più bassa rispetto ai 16-18 gradi consigliati, che favorisce il consumo anche estivo.
E poi c’è l’abbinamento con le cucine orientali. Con una buona struttura e pochi tannini la barbera gode di una durezza acida ma non allappante: sorprendente nell’abbinamento a certe verdure e spezie delle cucine asiatiche. Prendiamo per esempio certi piatti della cucina coreana che abbinano pesce e frutta, polipo e pera, pesci magri e zuppe grasse sempre con un tocco di spezie. L’Avvoicata 2017 sembra un vino pensato per stare con quelle portate.
Classica, superiore o riserva?
Lo abbiamo detto. Non facciamo classifiche a priori. Amiamo e conosciamo la barbera di qualità del Piemonte e del Sud Astigiano nelle sue diverse tipologie. Semplicità produttiva non significa necessariamente minor qualità di un vino. Per Coppo abbiamo amanti di diverse barbere: L’Avvocata, Camp du Rouss, Pomorosso e Riserva della Famiglia. A ciascuno la propria scelta.